Change Onlus

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Spiagge paradisiache e lussureggianti palmeti, enormi baobab che proiettano sulla terra rossa le lunghe ombre del tramonto, buffi lemuri che saltano tra i rami… Nell’immaginario collettivo il Madagascar è l’eden dei naturalisti, un’immensa isola che, da sola, custodisce il 5% di tutte le specie animali e floreali del pianeta. L’isolamento geografico, cominciato 160 milioni di anni fa quando l’isola si è “staccata” dal supercontinente Gondwana, è alla base della straordinaria biodiversità malgascia, costituita da mammiferi, anfibi, rettili, uccelli e insetti che si trovano esclusivamente qui.

Eppure nonostante tanta ricchezza, il Madagascar è un paradiso che corre seriamente il rischio di scomparire. L’80% delle sue foreste primarie è già andato perduto e anche l’occhio profano di chi atterra nella capitale Antananarivo per dirigersi verso i parchi se ne rende presto conto: risaie a perdita d’occhio e pendii senza vegetazione sono il frutto delle attività umane, della deforestazione e degli incendi boschivi.

Dal 2009 al 2013 il taglio illegale di legno pregiato, in particolare il palissandro, ha causato seri danni persino nei parchi nazionali del nordest del Paese e, anche dopo il ritorno del governo costituzionale nel 2014, i traffici illegali sono continuati.


Circa il 96% delle famiglie malgasce brucia legna e carbone per uso domestico, una dipendenza energetica che rappresenta un ulteriore pericolo per le foreste del Paese, dove è in crescita anche il bisogno di terre da destinare all'agricoltura di sussistenza. I tagli hanno aggravato l'erosione de suolo che, durante le piogge, si scioglie causando frane e smottamenti, ma soprattutto riversandosi con la sua laterite rossastra nei fiumi e quindi nelle acque costiere con un enorme rischio per l’ecosistema delle barriere coralline. Purtroppo anche il bracconaggio e il traffico illegale di specie rare, in particolare tartarughe e uccelli, sono cresciuti in modo preoccupante nell’ultimo decennio. Stando agli ultimi dati dei primatologi, il 95% dei lemuri è in pericolo di estinzione (solo nel 2005 era il 68%, balzato poi al 91% nel 2014).

 

Secondo l'International Union for Conservation of Nature (IUCN) si tratta del gruppo di mammiferi maggiormente a rischio estinzione al mondo. Oltre che dagli spregevoli traffici della fauna esotica, i lemuri sono minacciati dalla riduzione di habitat e dalla caccia, praticata dai malgasci anche per questioni di sopravvivenza.


La miseria, infatti, è endemica in questo Paese è in coda a tutte le classifiche degli indici di sviluppo e dove la metà della popolazione ha meno di 15 anni. A causa della corruzione e della cattiva gestione dell’economia, del territorio e del patrimonio naturalistico, il Madagascar è di fatto tra i paesi più poveri del mondo nonostante i suoi cospicui giacimenti di carbone, uranio, bauxite, terre rare e pietre preziose, oltre a probabili riserve di gas e petrolio.


Così, specie nelle aree rurali, possedere un paio di scarpe non è scontato, l'acqua potabile è un lusso per pochi e le pochissime strade asfaltate che attraversano il Paese sono fiancheggiate da capanne di legno o fango e da qualche casa in muratura, retaggio della presenza coloniale francese.

In questo contesto così difficile, un gruppo di medici italiani che ha sempre avuto il sogno di portare strutture sanitarie gratuite in Africa, ha dato vita a una sfida senza precedenti per il Paese. Sugli altipiani della regione di Itasy, a circa 3 ore d’auto dalla capitale, in una zona desolata e con pochissimi servizi, ha deciso di costruire un ospedale "green" che possa garantire prestazioni mediche a prezzi simbolici per tutta la popolazione.


Il presidio ospedaliero di Change Onlus nel piccolo paese di Ampefy è un vero e proprio villaggio in miniatura dove, dalla mattina presto, ci sono file di persone che aspettano il proprio turno: molti di loro realizzano il sogno di farsi degli occhiali, qualcuno ha bisogno di fare un’ecografia e arriva all’ospedale dopo 5 ore di cammino, chi incontra per la prima volta un dentista senza aver mai saputo cosa sia uno spazzolino. Molti invece sono in fila per avere medicine a basso costo: qui infatti si dispensano farmaci, c’è un medico di base, un pediatra e si effettuano analisi cliniche. C'è anche la possibilità di fare un ecografia e soprattutto un reparto di ostetricia che ospita fino ad 8 degenze.

 

Non ultimo, un laboratorio ottico che dispensa e confeziona occhiali provenienti dall'Italia e una sala operatoria oculistica che ogni anno ospita "Operazione Cataratta" una delle prime campagne simbolo di Change Onlus realizzata insieme a Vision+ Onlus e a Monaco Aid et Presence che porta qui equipe di medici italiani e francesi per operare giovani e vecchi agli occhi.


L'ospedale, tuttavia, non è un comune centro sanitario perché Change Onlus ha fatto delle scelte oculate anche in termini di impatto ambientale. Ha deciso quindi di alimentare l'intero ospedale con impianti fotovoltaici. Data la carenza della rete fognaria nel territorio, dove si scarica direttamente nei “pozzi perdenti” o nei fiumi in mare, ha installato una fossa IMOF, una vasca di decantazione per il trattamento delle acque nere che trattiene i batteri e scarica nei pozzi nel sottosuolo solamente le acque depurate.

Per chi arriva all'ospedale c'è anche il vantaggio di trovare acqua potabile, una risorsa rara per l'intero Madagascar dove la gente è spesso abituata a dissetarsi con l’acqua dei fiumi, con mille conseguenze sulla salute. Nei due pozzi presenti al centro l’acqua viene sterilizzata depurata, trattata e messa a disposizione di tutti, anche per fare rifornimento.


"Abbiamo iniziato nel 2005 in varie località del Madagascar con campagne educative di prevenzione sanitaria e inviando medici volontari per effettuare visite diagnostiche e corsi formativi specialistici presso le strutture sanitarie che abbiamo costruito o riabilitato”, racconta Paolo Mazza, medico e presidente di Change Onlus. “Quando abbiamo capito quanto c'era da fare, abbiamo scelto una zona difficile per costruire un ospedale senza impattare sull'ambiente di un territorio già così compromesso. Abbiamo coniugato solidarietà e sostenibilità, a partire dalle nostre piccole scelte quotidiane: usiamo sempre detersivi biodegradabili e abbiamo acquistato un terreno dove abbiamo dato inizio a una coltivazione biologica di una pianta, per noi fondamentale per comporre le farine contro la malnutrizione che diamo ai bambini più in difficoltà. La pianta locale si chiama “moringa olifera” ed è altamente proteica, poichè ne facciamo grande uso abbiamo deciso di autoprodurla in modo da non rimanere mai senza nel distribuirla ai bambini. Abbiamo assunto e formato dieci agricoltori malgasci per lavorare la terra senza utilizzare fertilizzanti. Al loro posto abbiamo utilizzato trattamenti per gli insetti ottenuti da una poltiglia fatta di radici polverizzate che viene spruzzata sulle piante insieme un compost naturale recuperando materiale biologico".

La farina di moringa è un elemento fondamentale per l'ospedale di Change che, tra i suoi 20 dipendenti, tutti malgasci, vanta un team di giovani medici e operatori che si spostano in moto sulle strade più dissestate per raggiungere e visitare i bambini dei villaggi più remoti: li pesano, li visitano, somministrano i farmaci necessari e, appunto, le farine ipernutrienti a base di moringa ai casi più gravi. Oltre a questo, il team della malnutrizione compie anche "missioni speciali" nei villaggi con fantastiche sessioni di cucina, dove, armati di pentoloni, legna da ardere e cibo altamente nutritivo, insegna alle mamme come cucinare ricette di sostegno per chi mangia raramente e quasi sempre riso.


Su questi altipiani la sovrappopolazione è talmente tangibile che spesso le ragazze di 21 anni hanno già quattro figli. Ma il parto non è tutelato come in Occidente e spesso le donne durante il travaglio percorrono a piedi lunghe distanze rischiando di partorire lungo il tragitto. Per loro Change Onlus ha quindi costruito delle piccole case in cui le donne possono attendere il loro momento, accompagnate dai familiari.

 

"Prossimo obiettivo di Change - spiega Mazza - è aprire a pieno regime la sala operatoria, già terminata e pronta all'uso ma che non potremo utilizzare finché non costruiremo un reparto di lunga degenza. Per ora, infatti, non possiamo operare senza offrire letti dove rimanere la notte, ma ci stiamo adoperando per una raccolta fondi straordinaria che possa permetterci di realizzare tutto questo".


Anche per questo Change Onlus ha bisogno di tanti volontari italiani, medici e non, ma chiunque con la propria competenza voglia dare una mano all'ospedale e alle sue missioni speciali. Se ne aspettano così tanti che Change Onlus intende raccogliere fondi anche per costruire "una casa dei volontari" adiacente all'ospedale per far sì che c'entrino tutti!

 

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